Saturday, September 04, 2004

Disoccupazione e profitti d'Azienda

Gli economisti sembrano meravigliarsi del fatto che il livello di disoccupazione è ormai insensibile anche alla crescita della produzione ed allo sviluppo economico. Come si fa a meravigliarsi, pensando agli enormi strati di occupazione che vengono e verranno sempre più spiazzati dall'automazione degli uffici e dalle nuove tecnologie di telecomunicazione! Negli ultimi lustri credo che la maggior parte dei managers delle industrie mature (e sono la maggior parte di quelle ad alto tasso di occupazione!) abbiano lavorato soprattutto per produrre...... disoccupazione, tramite automazione, informatizzazione, re-engineering ecc. E lo Stato non fa che assecondare questo andamento, tramite gli incentivi a pioggia agli investimenti (finanziamenti agevolati, legge Tremonti ecc.) e tramite volani sociali per i licenziamenti: il tutto nella (vana) speranza che investimento significhi competitivita', sviluppo ed, alla fine, occupazione.

E' ora di affrontare il problema disoccupazione con più immaginazione: si parla di spartire il poco lavoro dipendente tra più occupati e c'è anche la tentazione di ridefinire il termine "disoccupato" per modificare le statistiche (è la cosa più semplice e forse è in parte giustificata!). In questo quadro desidero contribuire con un'idea che non ho ancora visto discussa.

In una economia di mercato non si possono biasimare le imprese se inseguono il profitto a scapito dell'occupazione: sta allo Stato, nell'interesse della generalita' dei cittadini, inserire meccanismi che indirizzino gli incentivi di mercato in direzioni socialmente accettabili. In questo periodo, vista la priorita' del problema disoccupazione, bisogna influenzare i comportamenti delle aziende in senso favorevole ad una maggiore occupazione, senza ridurne la competitivita'.

L'idea consiste semplicemente nel prevedere aliquote di tassazione delle Societa' (IRPEG) decrescenti col decrescere del fatturato per addetto (occupato a tempo indeterminato). In questa maniera le imprese in perdita conserverebbero tutto l'incentivo ad automatizzare, a risparmiare personale ecc., mentre quelle in profitto sarebbero incentivate ad investire in risorse umane (ricerca, espansione in nuovi mercati ecc.). E' facile modulare adeguatamente gli incentivi, eventualmente anche per area geografica, tramite le aliquote percentuali e/o tramite deduzioni in cifra assoluta, ed è altrettanto facile ipotizzare di mantenere il risultato netto per lo Stato al livello desiderato tramite l'eliminazione di altri incentivi (legge Tremonti ecc.)....